📚 A cosa ci fa pensare la parola “classico” se riferita ad un libro?
Forse ad un volume polveroso e consumato, pubblicato per la prima volta in chissà quale secolo, difficile da comprendere, caratterizzato da un lessico distante da noi, magari noioso, di quelli che eravamo costretti a studiare a scuola.
Un classico, però, è anche un modello a cui si ambisce, l’eccellenza capace di resistere al tempo, di sopravvivere alle generazioni. Proponendo la lista dei 100 classici di nuova generazione, Feltrinelli spinge ad una riflessione ulteriore, per cui anche oggi i classici sono volumi capaci di arricchire, provocare, porre domande. Sono, inoltre, intrisi di valori in cui ciascuno sarà in grado di riconoscersi nel tempo.
“Classico”, allora, è anche nuovo, inatteso, inesplorato, perturbante.
Fino a questo momento, dei 100 classici di nuova generazione ho letto - o ho in libreria - pochissimo:
“Never let me go”, Ishiguro
“Le otto montagne”, Cognetti
“Kafka sulla spiaggia”, Murakami
“Novecento”, Baricco
“Sostiene Pereira”, Tabucchi
“La canzone di Achille”, Miller
“Fight club”, Palahniuk
“Il mondo di Sofia”, Gaarder
Non posso che pensarli anche io, da questo momento, come nuovi classici, dal momento che a mio parere presentano tutte le caratteristiche dette fin ora. Tra i titoli che hanno attirato la mia attenzione (e che intendo recuperare a breve):
“L’avversario”, Carrère
“Ninfee nere”, Bussi
“Americanah”, Adichie
“Le correzioni”, Franzen
“Pastorale americana” Roth
“Ogni cosa è illuminata”, Foer
“L’anno del pensiero magico”, Didion
“Blonde”, Oates
“American Psycho”, Ellis
“The road”, McCarthy
“La ragazza della palude”, Owens
So già che finiranno tutti in wishlist. E voi, quanti ne avete letti? Mi piacerebbe ricevere delle notifiche magari su Instagram, taggando @bluecritics nelle storie o in un post, sono sicura che ne avete letti più di me.
💬 Volevo poi utilizzare questo spazio per condividere qualche riflessione di Recalcati tratta dalla sua opera “L’ora di lezione”, che ho recentemente letto e apprezzato. L’autore mostra le condizioni della scuola del nostro tempo e, di riflesso, anche quelle dell’azione educativa di genitori e di chiunque abbia a che fare con i ragazzi. Difficile riassumere in poche parole i ricchissimi, puntuali, illuminanti paragrafi del piccolo saggio, vi invito a leggerlo alla prima occasione, specie se amate l’insegnamento. Mi limito a riportare alcuni passaggi significativi:
Se tutto sospinge i nostri giovani verso l’assenza di mondo, verso il ritiro autistico, verso la coltivazione di mondi isolati, la Scuola è ancora ciò che salvaguarda l’umano, l’incontro, le relazioni, gli scambi, le amicizie, le scoperte intellettuali, l’eros. Un bravo insegnante non è forse quello che crede ancora che un’ora di lezione possa cambiare la vita?
…Trasformare l’allievo come oggetto sul quale si applica un sapere - testa vuota da riempire, vite storta da raddrizzare - in un soggetto che ricerca attivamente quello di cui manca, che si sente trasportato, attirato, catturato verso un sapere nuovo.
E’ ancora oggi quello a cui personalmente punto ogniqualvolta mi trovo in un’aula: tenere sveglio chi mi ascolta, impedire che la sua testa cada comatosa sul banco, provocare risvegli, far sentire la forza della parola.
Se esiste una vocazione all’insegnamento, non può che radicarsi nell’inciampo. I bravi insegnanti sanno di cosa parlo: loro stessi sono inciampati almeno una volta prima di salire in cattedra. […] Perché riuscivo a spiegare Lacan ai sassi? Ero stato un bambino considerato idiota. […] Quando parlo, è sempre a lui che mi rivolgo, al bambino idiota che sono stato. […] Nelle persone alle quali mi rivolgo mentre insegno, cerco sempre il volto annoiato e un po’ ebete del bambino che sono stato.
Spero di avervi ispirato, in qualche modo. Aspetto davvero la lista dei 100 nuovi classici che avete letto! Alla prossima settimana, amici.
bluecritics